Venni a sapere che avevano buttato giù anche il caseggiato nella traversa di via Gramsci in un giorno d’estate mentre passavo per quelle strade guidando l’Opel Corsa di scuola guida. Raffaele disse che gli era dispiaciuto che avessero già finito di abbatterlo perché si divertiva a vedere le ruspe e tutti quegli enormi macchinari fatti a posta per distruggere. Disse anche che visto che per quell’edificio non aveva fatto in tempo, se ci riusciva, sarebbe andato a vedere come radevano al suolo il vecchio ospedale di San Giovanni.
Quello di Montevarchi è un pezzo che ormai l’hanno buttato giù. Sono anni ormai che è stato costruito il plesso sanitario di Santa Maria alla Gruccia e l’edilizia ha accelerato alla grande nella vallata, sia la pubblica che la privata. Non si può dire infatti che il secondo mandato dell’attuale sindaco non sia all’insegna della ristrutturazione e della ricostruzione, è da quando hanno tolto i Sampietrini dalla via Roma che non vedevo tanti cantieri. Tuttavia, il cambiamento nella mia cittadina che mi ha più colpito è stato quello che riguarda il vecchio ospedale. I vecchi edifici che ospitavano corsie, reparti e ambulatori verranno sostituiti da appartamenti e giardini, mentre i malati sono già da tempo stati dirottati alla Gruccia. Per quanto riguarda il cantiere del “Foro Varchi”, così è stato denominato il progetto nel sito dell’ex ospedale, i lavori procedono, anche se dietro ai due blocchi ristrutturati c’è la desolazione del fango e dei calcinacci. Fa un po’ strano pensare che del posto dove sono nati tanti montevarchini, compresa la sottoscritta, quella corsia a cui si accedeva da quella rampa di scale che quando ero piccola mi sembravano tanto ripide, non siano rimasti che detriti.
Succede proprio quando passo in piazza Donatori di Sangue e sbircio dietro alla palazzina ben ristrutturata e rifinita che mi riaffiorano quei pochi ricordi legati a quel posto: il fatto che le scale erano ripide viene dal ricordo di quando andavo a trovare mia zia che aveva appena partorito mia cugina, avevo nove anni, ma mi ricordo ancora le tre macchioline di sangue sulla sedia-poltrona o quello che era nella stanza di mia zia. Quanti anni sono passati da quando è nato Lorenzo non me ne ricordo, ma l’immagine di lui piccolissimo dentro al carrello che sembrava un catino trasparente non la dimentico. Insomma, tutte queste figure legate alla nascita sono ora sepolte sotto un bello strato di macerie, pazienza.
La forza propulsiva dell’edilizia non si ferma di fronte a simili fantasticherie, in particolare a Montevarchi e nel Valdarno dove case e condomini spuntano come funghi; d’altronde è il prezzo da pagare per far perdere ai nostri paesi la loro facciata di borghi campagnoli e mandarli al loro destino di città.
Quello di Montevarchi è un pezzo che ormai l’hanno buttato giù. Sono anni ormai che è stato costruito il plesso sanitario di Santa Maria alla Gruccia e l’edilizia ha accelerato alla grande nella vallata, sia la pubblica che la privata. Non si può dire infatti che il secondo mandato dell’attuale sindaco non sia all’insegna della ristrutturazione e della ricostruzione, è da quando hanno tolto i Sampietrini dalla via Roma che non vedevo tanti cantieri. Tuttavia, il cambiamento nella mia cittadina che mi ha più colpito è stato quello che riguarda il vecchio ospedale. I vecchi edifici che ospitavano corsie, reparti e ambulatori verranno sostituiti da appartamenti e giardini, mentre i malati sono già da tempo stati dirottati alla Gruccia. Per quanto riguarda il cantiere del “Foro Varchi”, così è stato denominato il progetto nel sito dell’ex ospedale, i lavori procedono, anche se dietro ai due blocchi ristrutturati c’è la desolazione del fango e dei calcinacci. Fa un po’ strano pensare che del posto dove sono nati tanti montevarchini, compresa la sottoscritta, quella corsia a cui si accedeva da quella rampa di scale che quando ero piccola mi sembravano tanto ripide, non siano rimasti che detriti.
Succede proprio quando passo in piazza Donatori di Sangue e sbircio dietro alla palazzina ben ristrutturata e rifinita che mi riaffiorano quei pochi ricordi legati a quel posto: il fatto che le scale erano ripide viene dal ricordo di quando andavo a trovare mia zia che aveva appena partorito mia cugina, avevo nove anni, ma mi ricordo ancora le tre macchioline di sangue sulla sedia-poltrona o quello che era nella stanza di mia zia. Quanti anni sono passati da quando è nato Lorenzo non me ne ricordo, ma l’immagine di lui piccolissimo dentro al carrello che sembrava un catino trasparente non la dimentico. Insomma, tutte queste figure legate alla nascita sono ora sepolte sotto un bello strato di macerie, pazienza.
La forza propulsiva dell’edilizia non si ferma di fronte a simili fantasticherie, in particolare a Montevarchi e nel Valdarno dove case e condomini spuntano come funghi; d’altronde è il prezzo da pagare per far perdere ai nostri paesi la loro facciata di borghi campagnoli e mandarli al loro destino di città.
ahhh berlin
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