venerdì 6 marzo 2009

Tra poco

Lania ansimava, prima di cominciare a gemere si voltò e guardò i cristalli liquidi della radiosveglia sul comodino: 23 e 26. Non fece in tempo a pensare niente, girò di scatto la testa, i movimenti di Dave sopra di lei erano diventati più decisi e ritmati, cominciò a muovere il bacino con lo stesso ritmo e con le dita strinse due lembi del lenzuolo. Dave adesso inspirava col naso ed espirava con la bocca, gocce di sudore colavano dall’attaccatura dei suoi capelli castani, guardò la bocca di Lania leggermente aperta: lei non diceva mai niente quando facevano sesso e lui era contento di seguire il suo esempio. Aveva i capelli appiccicati alla fronte. Lui venne; immediatamente dopo anche lei raggiunse l’orgasmo, con un gemito poco più forte. Lasciò il lenzuolo e posò le mani sulla nuca di lui che piegando le braccia la baciò sulle labbra, lo fece appoggiare su di lei, le loro pelli sudate a contatto. Guardò i suoi occhi azzurri, gli occhi dell’unico con cui era riuscita a provare così tanto piacere e pensò che c’era solo un modo in cui lui avrebbe potuto rovinare tutto: se le avesse detto che l’amava, magari con tutto sé stesso o tutto il suo cuore. Non lo fece; si distesero uno accanto all’altra poi lui sorrise.
“Allora, com’è scopare prima dell’esame orale di maturità?”
Lania rise.
“Veramente dovresti chiedermi domani: com’è fare l’esame di maturità dopo una notte di sesso?”
“Non è mica una notte di sesso, non è neanche mezzanotte! Scusa ma quante volte lo vuoi rifare?”
“Se sei stanco non importa,” lo stuzzicava così in continuazione.
“Va bene. Tra un po’ però.”
“Sì, certo.”
“Dico sul serio!”
“Sì, ci credo!”
Dopo poco Dave aveva chiuso gli occhi e si era addormentato. Lania scese in cucina, bevve un bicchiere d’acqua e si accorse che probabilmente non sarebbe riuscita a dormire: era davvero agitata per l’esame del giorno dopo, inutile negare l’evidenza. Guardò le pile di libri sul tavolo da pranzo, si sedette e li sfogliò tutti: letteratura, fisica, inglese... Ripassò perfino qualche passo del Paradiso. Stava rileggendo gli appunti di filosofia quando Dave scese.
“Avevi detto che non volevi studiare stanotte, secchiona! Lo vuoi capire che tanto il tuo cento non te lo toglie nessuno?!”
“Che ora è Dave?”
“Quasi le tre. E dove cazzo è finita la notte di sesso?”
Lania alzò gli occhi dal quaderno e lo guardò, nudo davanti al frigorifero. Ci pensò un attimo poi rispose:
“Beh, quando hai ragione hai ragione !”
Si alzò e lo baciò, spingendolo contro la porta a vetri, fredda contro la sua schiena e le sue natiche. Lui la strinse a sé e lo fecero lì in piedi, in cucina; durò poco, ma lei arrivò lo stesso e si chiese se non fosse merito dell’ansia per l’esame.
Verso le cinque e mezza Dave fu svegliato dalla luce del sole che filtrava attraverso le persiane della finestra della camera di Lania; lei era accanto a lui, addormentata, nuda e bellissima sulle lenzuola, nella penombra. Andò in bagno e si vestì cercando di non fare rumore, prima di uscire resistette a stento alla tentazione di svegliarla con un bacio, se l’avesse fatto probabilmente lo avrebbe insultato. Uscì ed inforcando quel rottame che vagamente somigliava ad una bicicletta tornò a casa.
Faceva freddo la mattina presto, anche se era luglio, il cielo era chiaro, ma grigio, le strade erano deserte. Dave appoggiò la bicicletta al muro accanto al portone del condominio, salì al secondo piano ed aprendo la porta fu invaso dal forte odore che dominava in tutto l’appartamento: alcool. Non fece in tempo a richiuderla che venne travolto anche dalle urla alterate dall’ebbrezza di sua madre.
“Davide! Tutta la notte fuori! Senza dire niente! Sei stato ancora da quella puttana? Eh? Eri da quella troia? Melania si chiama quella troia! Sono tornata e non ti ho trovato e te eri da quella troia?! Allora?!”
“Basta mamma! Va’ a dormire!”
“Se tuo padre fosse qui te la farebbe vedere! A te e a quella troia!”
“Basta adesso mamma!”
Sua madre era distesa sul divano in soggiorno, accanto a due bottiglie di vodka vuote che si era portata da fuori, la casa faceva schifo, era sporca e in disordine. Dave prese le due bottiglie e le buttò nella spazzatura, poi si guardò intorno per trovarne qualche altra e gettarla, vuota o piena che fosse.
“Che cazzo fai ora? Devi andare a lavorare! Capito? E devi anche smettere di scopare con quella troia!”
“Mamma sta’ zitta!”
Dave si cambiò in fretta ed uscì mentre sua madre stava ancora urlando.
“Non ti permetto di parlarmi così Davide! Hai capito? Non devi parlarmi così!”
Sbatté il portone alle sue spalle e vi si appoggiò. Basta, non poteva continuare così, soprattutto sua madre non poteva continuare così, è vero, tutti hanno diritto ad avere le loro possibilità, ma c’è un limite a tutto. Si era fermato a pensare per far sbollire la rabbia, era troppo presto per andare a lavorare. Prese a calci un paio di sassolini; tanto lo sapeva: sarebbe continuato così, e chissà ancora per quanto. Tantissime volte ormai si era ripetuto che non poteva andare avanti ed erano passate settimane. Risalì sul rottame pedalando senza una meta e intanto ridimensionava i fatti: sapeva che sua madre non era un’alcolizzata, non sentiva il bisogno di bere, sentiva solo il bisogno di dimenticare, l’alcool era un modo come un altro per lasciar perdere il presente per una manciata di minuti. Tra poco sarà tutto finito, in un modo o nell’altro: lo ripeteva sempre zia Susi con il suo pessimismo ed il suo senso di colpa, e aveva ragione. Ripercorse il tragitto di meno di un’ora prima ed i suoi pensieri volarono altrove; poi pensò che a Lania non aveva detto mai niente, neanche una parola sulla sua famiglia, ma prima o poi gliene avrebbe parlato, dopotutto erano quasi tre mesi che stavano insieme e lei non lo aveva ancora mollato: non poteva essere solo sesso. Girellò in un altro paio di vicoli e poi si decise ad andare a lavorare.
A mezzogiorno Lania usciva dalla scuola, raggiante.  finita finalmente. Tornò a casa camminando a cinque metri da terra, con suo padre che non smetteva di farle domande. Dopo aver spiegato a tutti i componenti della famiglia la completa dinamica dell’esame ed aver pranzato, prese la montagna di libri che erano rimasti in cucina e li nascose su un remoto ripiano della libreria. Erano rimasti solo tre libri, che non entravano da nessuna parte, appoggiati temporaneamente sulla mensola del caminetto. Il campanello suonò. Era Dave che appena finito il turno mattutino era venuto in cerca di buone notizie. Lo fece entrare, divenne pensierosa.
“Allora, com’è andata?”
“Bene, bene. Tutto come mi aspettavo.”
Lania aveva la testa da un’altra parte.
“Allora avrai preso il massimo, secchiona! Sabato andiamo a festeggiare?”
“Veramente...”
“Se non va bene facciamo un altro giorno.”
“Sì... Cioè no. Senti Dave, dobbiamo parlare di noi.”
“Lania, che succede?”
“Niente, niente, è solo che, sai, tra poco sarò all’università, credo che dovrò studiare ancora di più, poi sarò sempre impegnata nei corsi e forse è meglio se questo discorso te lo faccio adesso invece che tra un mese o due...”
Mentre parlava guardava in basso e si attorcigliava tra le dita una ciocca dei lunghi capelli scuri e mossi; Dave la fissava immobile con i suoi occhi neri, aveva capito da subito dove voleva andare a parare.
“...Insomma pensavo che è meglio se ti dico adesso di smettere di stare insieme invece che alla fine dell’estate.”
A Dave girava la testa, così era finita, senza un litigio, un allontanamento, un preavviso; adesso se ne usciva con un discorso così stupido per piantarlo, non si era neanche inventata una scusa più plausibile.
“E quindi ci lasciamo, non stiamo più insieme.”
Si sentiva un idiota a ripetere il concetto ad alta voce, come se non l’avesse capito. Si mise una mano sui capelli castani ancora scompigliati dalla corsa che aveva fatto in bicicletta. Adesso lei aveva alzato lo sguardo, i suoi occhi verdi lo guadavano, inespressivi. In quell’attimo Dave cercò nei suoi occhi di trovare la sua Lania, credendola diversa da quella ragazza davanti a lui, lei non poteva fare un discorso simile, non poteva lasciarlo in quel modo. Adesso parlava senza pensare.
“Tu non mi ami, vero?”
Lania smise di toccarsi i capelli, cercando una risposta.
“Io non lo so se ti amo, Dave. È che...”
“Io ti amo Lania.”
Lei non parlò, fece un passo indietro.
“Lania...”
“No. Io non ti amo.”
Lania si voltò, lui la prese per un braccio. Lei lo strappò violentemente dalla sua mano e perse l’equilibrio, cadde all’indietro e batté forte la testa sullo spigolo vivo della mensola del caminetto. Il suo corpo cadde inerme sul pavimento. Dave corse verso di lei, non si muoveva. Dave non riusciva a parlare, neanche per chiamarla per nome. La scosse ma non ebbe nessuna reazione. La fissò. Una voce rotta, così diversa, trovò la forza di chiamare la madre di Lania, ma già Dave non capiva più niente di ciò che stava succedendo, aveva davanti agli occhi solo l’immagine di Lania immobile.
Qualche ora dopo si ritrovò a sedere su una sedia in un corridoio dell’ospedale, una donna veniva verso di lui, la riconobbe solo all’ultimo: era sua madre, gli si avvicinò.
“Davide. È in terapia intensiva. Vedrai che andrà tutto bene.”
Andrà tutto bene. La frase continuò a lungo a risuonargli nella testa, lieve, insieme ad un’altra, più forte e insistente: che cosa hai fatto?

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